mercoledì 12 novembre 2008


Storia F.V.G. Le radio del confine Orientale
Prima della fine della seconda guerra mondiale la Venezia Giulia comprendeva le province di Trieste, Gorizia (Isontino), Udine (Friuli), Pola (Istria) e Fiume (Carnaro) e la minuscola regione Dalmazia comprendeva soltanto la provincia di Zara. Mentre il Friuli era passato al Regno d’Italia già il 3 ottobre 1866 con la Pace di Vienna, a seguito della terza guerra d’indipendenza, gli altri territori della Venezia Giulia e della Dalmazia furono assegnati all’Italia soltanto dopo la sconfitta dell’Impero d’Austria e del Regno d’Ungheria, a seguito dei Trattati di Saint—Germain con l’Austria del 10 settembre 1919 e del Trianon con l’Ungheria del 4 giugno 1920 ed anzi, limitatamente al Carnaro, soltanto dopo l’iniziativa di Gabriele d’Annunzio, che il 12 settembre 1919 aveva occupato con i suoi legionari Fiume (che precedentemente faceva parte dell’ungheria) e vi aveva istituito la Reggenza Italiana del Carnaro, e dopo le successive intese col neocostituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (diventato il 6 gennaio 1929 Regno di Jugoslavia), che portarono al Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 ed all’Accordo di Roma del 27 gennaio 1924. Durante il secondo conflitto mondiale il crollo della Jugoslavia, attaccata dalla Germania nazista, indusse l’Italia fascista a commettere il colossale errore di occupare la Slovenia meridionale, una parte della Dalmazia (l’altra venne inclusa nel nuovo Stato fantoccio della Croazia) ed il Montenegro: il 3 maggio 1941 era istituita ed annessa all’Italia la nuova provincia di Lubiana ed il 18 dello stesso mese veniva creato il governatorato della Dalmazia, comprendente, oltre a quella di Zara, le nuove province di Spalato e di Cattaro. La firma a Cassibile (presso Siracusa), il 3 settembre 1943 (ma resa nota l’8 successivo), dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati portò alla disintegrazione delle forze armate italiane ed all occupazione tedesca non solo dei suddetti nuovi territori annessi, ma anche di quelli entro i vecchi confini; in particolare il 10 settembre 1943 le truppe germaniche occupavano Trieste e nei giorni seguenti gli altri principali centri della Venezia Giulia, ma, a differenza di quanto sarebbe avvenuto nelle altre regioni italiane (con l’eccezione della Venezia Tridentina), dove l’occupazione germanica avrebbe mantenuto soltanto un carattere militare e quindi temporaneo, il 1° ottobre successivo al comandante militare del capoluogo giuliano subentrava un funzionario civile, col titolo di supremo commissario nella zona di operazioni Litorale Adriatico, sotto il quale passava l’amministrazione delle province di Trieste, Gorizia, Udine, Pola, Fiume e Lubiana, nonché dei territori di Sussak, Buccari, Conca Nera, Castua e Veglia. Tale provvedimento, accanto all’analogo adottato in Alto Adige, dimostrava l’intenzione di Adolf Hitler di annettere al Reich, se la Germania avesse vinto la guerra, i territori italiani che avevano fatto parte della Monarchia Austro—ungarica degli Absburgo.A Zara i reparti tedeschi erano entrati l’li settebre 943. Durante il periodo dell’occupazione germanica Trieste ebbe il macabro privilegio di essere l’unica città italiana sede di un forno crematorio nazista, presso l’ex Risiera di San Sabba, che fu anche prigione di transito per gli ebrei, gli antifascisti, i partigiani e gli ostaggi di rappresaglie, destinati alla deportazione nei campi di sterminio tedeschi. La capitolazione della Germania trovò l’Italia del tutto disarmata ed isolata di fronte alle aspirazioni della Jugoslavia di Tito (nome di battaglia di Josep Broz) di annettersi, oltre alla Dalmazia, la Venezia Giulia addirittura oltre il confine del 1866; inoltre la posizione italiana era resa ancora più difficile per il fatto che il suo Partito Comunista, guidato da Palmiro Togliatti, sosteneva apertamente tali aspirazioni. Il 1° maggio 1945 Tito riuscì a far giungere a tappe forzate le sue truppe a Trieste un giorno prima che vi arrivassero quelle neozelandesi al comando del gen. Freyberg e, mentre queste ultime rimanevano spettatori indifferenti, il comando jugoslavo, che estendeva l’occupzione all’Istria ed al Carnaro, instaurava subito colà un regime di terrore, ispirato dall’odio contro gli italiani.Zara veniva, invece, occupata dalle truppe jugoslave il 1° novembre 1944. Nella Venezia Giulia e nella Dalmazia occupate la politica di Tito fu subito quella di attuare una rapida snazionalizzazione forzata (oggi si parla di pulizia etnica) con ogni mezzo (sequestri di persone, deportazioni di interi gruppi, condanne illegali e senza difesa, torture ed uccisioni nelle prigioni, nei campi di concentramento e nelle foibe) e con l’incombente minaccia dell’OZNA, diventata poi l’UDBA, la terribile polizia segreta jugoslava.La conseguenza di tale spietata politica fu, a parte i morti, l’esodo forzato di ben 350.000 istriani, fiumani e dalmati, rifugiatisi in altre regioni italiane ed all’estero per sfuggire alle persecuzioni organizzate contro di loro. Più fortunati, invece, i triestini, per i quali questo inferno durò soltanto 43 giorni. Infatti, in base all’Accordo di Belgrado, firmato il 9 giugno 1945 da Tito e dal gen. Morgan, capo di stato maggiore del maresciallo Alexander, comandante in capo delle forze alleate nello scacchiere del Mediterraneo, il territorio delimitato dalla cosiddetta linea Morgan (che, partendo a nord dal confine del 1920, scendeva fino a Punta Grossa, a sud di Trieste, lasciando ad occidente Plezzo, Caporetto, Gorizia, Monfalcone e Sesana) passava sotto l’occupazione provvisoria anglo—americana, mentre il rimanente territorio giuliano rimaneva sotto occupazione provvisoria jugoslava, ad eccezione della sola città di Pola, che pure passava sotto amministrazione provvisoria alleata, in attesa delle decisioni definitive che sarebbero state stabilite dalla futura Conferenza della pace.Conseguentemente il 12 giugno 1945 una grande folla festante di triestini applaudiva il passaggio dei poteri fra le forze armate jugoslave e quelle angloamericane e l’istituzione, nel capoluogo giuliano, del GMA—Governo Militare Alleato. Ma, nonostante il cambiamento radicale del clima politico, anche l’occupazione angloamericana procurò inutili ed imperdonabili lutti e precisamente la morte di cinque inermi cittadini, uccisi dalla polizia civile, posta sotto comando britannico, il 5 ed il 6 novembre 1953, durante pacifiche manifestazioni spontanee della popolazione che invocava il ritorno dell’Italia a Trieste. Dopo lunghe trattative, il 2 luglio 1946 le quattro Potenze (Regno Unito, Stati Uniti, Francia ed Unione Sovietica) si accordarono sul tracciato della nuova linea di confine tra l’Italia e la Jugoslavia e sull’istituzione di un piccolo Stato cuscinetto fra queste ultime, denominato TLT—Territorio Libero di Trieste, garantito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ne avrebbe nominato il Governatore, d’intesa fra i due Paesi.La Conferenza della pace di Parigi accolse le suddette proposte, che vennero incluse nel Trattato di pace con l’Italia, firmato il 10 febbraio 1947 ed entrato in vigore il 15 settembre successivo. Il nuovo confine italo - jugoslavo lasciava alla Repubblica Federativa di Tito una piccola parte del Friuli, quasi tutto l’Isontino, tagliando a metà la stessa città di Gorizia, la maggior parte della provincia di Trieste, buona parte dell’Istria (la rimanente, però, ancora sotto amministrazione jugoslava, avrebbe dovuto costituire la zona meridionale del TLT) e tutto il Carnaro. In base al Trattato di pace l’Italia cedeva, inoltre, alla Jugoslavia il comune di Zara e tutte le isole del Carnaro e della Dalmazia ed alla Grecia il Dodecanneso. Il TLT era rappresentato da una fascia costiera da Duino, a nord di Trieste, a Cittanova, in Istria, comprendente Trieste, Capodistria, Pirano, Umago e la stessa Cittanova; esso era diviso dall’ultimo tratto della linea Morgan in due parti e cioè quella settentrionale, detta Zona A, provvisoriamente amministrata dal Governo Militare Alleato, e quella meridionale, detta Zona B, provvisoriamente amministrata dal Governo Militare Jugoslavo. Sempre a seguito del Trattato di pace il 12 settembre 1947 le truppe anglo—americane si ritirarono da Pola per lasciare il posto a quelle jugoslave ed il 15 di quel mese reparti italiani entrarono a Gorizia ed a Monfalcone dopo il ritiro di quelli alleati. Essendosi dimostrato impossibile un accordo fra l’Italia e la Jugoslavia sulla scelta del Governatore del Territorio Libero di Trieste, le tre Potenze occidentali ritennero inattuabile la realizzazione del medesimo e perciò proposero di cederne la Zona A all’Italia e la Zona B alla Jugoslavia (che già l’amministrava); soltanto dopo difficili trattative si giunse alla firma del Memorandum d’intesa,il 5 ottobre 1954 a Londra,da parte dei rappresentanti dell’Italia, della Jugoslavia, del Regno Unito e degli Stati Uniti, che sanciva la suddetta proposta. Purtroppo, però, per non turbare l’opinione pubblica e per non togliere le residue speranze ai connazionale ancora residenti nella zona B nella Zona B ed agli esuli istrlani, il governo italiano continuò a dichiarare ufficialmente provvisoria la cessione della zona stessa alla Jugoslavia, mentre quest’ultima la considerava definitiva, e soltanto con il Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 la sovranità jugoslava su tale zona fu riconosciuta formalmente. Il 26 ottobre 1954 tutti i poteri militari e civili del GMA sulla Zona A passavavano al gen. De Renzi, Comandante il V Corpo d’Armata, giunto a Trieste con i primi soldati italiani, ed il giorno seguente tali poteri passavano al prefetto dr. Palamara, nominato dal Presidente della Repubblica Commissario generale del Governo per il Territorio di Trieste.Il 4 novembre 1954 un mare di folla, traboccante d’entusiasmo per il ricongiungimento di Trieste alla Madrepatria, applaudiva il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Scelba ed il Ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani. Con la Legge costituzionale 31 gennaio 1963 n° i veniva approvato lo Statuto speciale della Regione Friuli—Venezia Giulia, che era stata inclusa fra le regioni a statuto speciale nella Costituzione della Repubblica Italiana.
Passando ora alle stazioni radiofoniche installate nelle suddette regioni ovvero all’infuori di queste ultime ma le cui trasmissioni erano destinate alle popolazioni delle medesime, ne indico qui appresso l’elenco ordinato cronologicamente secondo le date delle rispettive entrate in esercizio.
Radio Ljubljana(Radio Lubiana), nella capitale della Slovenia, allora facente parte della Jugoslavia, inaugurata il 28 ottobre 1928 con la potenza di 2,5 kW, passata nel 1931 a 5 kW, il cui trasmettitore venne distrutto da un bombardamento tedesco l’11 aprile 1941; a seguito dell’occupazione italiana di Lubiana l’EIAR—Ente Italiano Audizioni Radiofoniche vi istituì una propria nuova sede, collegata con la rete radiofonica nazionale, tramite la sede di Trieste e, con un nuovo trasmettitore autoportato, il 3 maggio 1941 riprese l’attività dell’emittente, diffondendo programmi in italiano (alcuni dei quali ripresi dalla rete ed alcuni immessi in rete) ed in sloveno, fino all’8 settembre 1943. Occupata dal comando militare germanico, la stazione fu rimessa in funzione il 14 seguente con la nuova denominazione di Radio delle Forze Armate Tedesche a Lubiana.
Radio Trieste, sede dell’EIAR—Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, venne inaugurata il 28 ottobre 1931 con la potenza di 10 kW, mantenne una completa autonomia fino al 10 gennaio 1932, quando fu collegata al Gruppo Nord (comprendente inizialmente le emittenti di Milano, Torino e Genova).L’8 settembre 1943 venne occupata dapprima militarmente e poi civilmente dai tedeschi, che la denominarono Radio Litorale Adriatico; ad eccezione dei giornali radio nazionali, che furono subito sostituiti da notiziari prodotti localmente, essa mise in onda all’inizio parecchi altri programmi della rete nazionale, che poi vennero gradualmente ridotti, mentre aumentarono quelli generati localmente, cosicché la stazione divenne allora un importante centro di produzione; inoltre essa diffuse notiziari in tedesco in collegamento con la rete germanica, cui si aggiunsero poi anche altri generi di programma, dal 5 febbraio 1944 notiziari e poi anche altre rubriche in sloveno e dal 6 marzo 1945 notiziari in russo, tutti generati localmente. Le trasmissioni di RLA cessarono il 29 aprile 1945 ed il 5 maggio successivo esse ripresero sotto l’occupazione jugoslava, durante la quale Radio Trieste mise in onda notiziari e vari altri programmi in italiano ed in sloveno. Il 12 giugno 1945 l’emittente passò sotto il controllo del Governo Militare Alleato, che il 20 ottobre successivo istituì l’ERTT - Ente Radio Teatro Trieste per la gestione comune della stazione radiofonica e del locale teatro lirico, i quali, però, il 25 marzo 1947 furono resi fra loro indipendenti, con l’abolizione dell’ERTT e la costituzione dell’ERT - Ente Radio Trieste e dell’Ente Teatro Trieste.La gestione angloamericana dell’emittente cessò il 26 ottobre 1954, ma il suo passaggio alla RAI - Radiotelevisione Italiana non fu né semplice né immediato. Infatti la Convenzione in vigore fra lo Stato e la RAI (allora Radio Audizioni Italia) per la concessione a quest’ultima dei servizi di radioaudizione, televisione, telediffusione e radiofotografia circolari non aveva incluso Radio Trieste fra le stazioni di competenza dhla RAI medesima, perché allora, purtroppo, il capoluogo giuliano non apparteneva più all’Italia; inoltre l’ERT non poteva venire immediatamente soppresso (lo fu appena il 1° agosto 1957). Perciò la gestione dell’ERT stesso continuò in regime commissariale italiano, affidata ad un commissario straordinario, nominato dal Commissario generale del Governo per il Territorio di Trieste. Il 30 giugno 1955 venne firmato un Atto aggiuntivo alla suddetta Convenzione tra lo Stato e la RAI per l’estensione al Territorio di Trieste della concessione dei servizi oggetto della Convenzione medesima; ma per accelerare il rientro di Radio Trieste in seno all’organizzazione radiofonica italiana (l’Atto aggiuntivo, infatti, sarebbe stato reso esecutivo soltanto con una legge del 14 aprile 1956), il 20 giugno 1955 era stata firmata una Convenzione fra la RAI e l’ERT per l’assegnazione alla prima della gestione provvisoria dei servizi ra— diofonici triestini a datare dal 1° luglio 1955 e così già da tale data la Radiotelevisione Italiana estese la propria giurisdizione al capoluogo giuliano. Durante il periodo dell’occupazione angloamericana Radio Trieste svolse un’attività molto intensa, diffondendo notiziari (tutti redatti localmente sotto il controllo di personale alleato) e programmi di vari altri generi radiofonici, la maggior parte dei quali pure prodotti in sede, in italiano ed in sloveno, inizialmente alternati durante la giornata, perché irradiati dall’unico, originario trasmettitore Trieste I, ma dal 16 giugno 1946, con l’impiego di un secondo impianto trasmittente, denominato Trieste II, situato ad Udine, sostituito il 26 giugno 1947 da un altro della potenza di 2 kW, sistemato a Trieste, la stazione fu in grado di mettere in onda contemporaneamente per tutto l’arco della giornata i suoi programmi nelle due lingue.Quotidiani erano allora i collegamenti di Trieste I con la rete nazionale e molto più rari quelli di Trieste II con Radio Lubiana, mentre entrambe diffondevano alcune rubriche della BBC-British Broadcasting Corporation e di reti americane.
Radio Zara, sede dell’EIAR—Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, iniziò l’attività a Spalato il 5 maggio 1941 (appunto come Radio Spalato), ma poco dopo fu trasferita a Zara, dove riprese il servizio il 25 giugno dello stesso anno con la potenza di 700 W, portata a 10 kW nel 1942. Data la mancanza di un collegamento con la rete radiofonica nazionale, l’emittente, a parte la messa in onda dei notiziari nazionali ricevuti via radio, diffondeva rubriche generate localmente e registrazioni di programmi artistici di complessi dell’EIAR, delle quali era stata dotata. Soltanto nell’ultimo periodo la stazione poté usufruire di un ponte radio di collegamento fra Ancona e Zara e trasmettere così direttamente anche programmi della rete nazionale. L’11 settembre 1943 Radio Zara venne occupata dai tedeschi e rimase inattiva fino al 13 ottobre seguente, quando riprese il suo servizio sotto controllo germanico. Il 2 novembre il suo trasmettitore fu distrutto da un bombardamento aereo alleato e l’emittente cessò definitivamente la sua attività.
Radio Pola,installata dal GMA, Governo Militare Alleato, durante il breve periodo dell’occupazione militare angloamericana del capoluogo istriano, iniziò le trasmissioni il 4 agosto 1945 e le concluse il 13 settembre 1947, due giorni prima della partenza delle forze armate alleate e della consegna della città ai militari jugoslavi.La stazione svolse un’azione importante per informare ed intrattenere la popolazione in un momento così delicato e difficile, trasmettendo in italiano ed in croato, con notiziari ed altri programmi prodotti localmente e con alcuni collegamenti con la BBC e le reti statunitensi.
Radio Rijeka(Radio Fiume), nell’ex capoluogo del Carnaro, già jugoslava ed attualmente appartenente alla Radiotelevisione Croata, attivata il 16 settembre 1945 con una potenza irrisoria, portata ad 1,5 kW nel 1948 e successivamente limitata ad irradiare soltanto in modulazione di frequenza.Inizialmente essa trasmetteva in croato ed in italiano notiziari ed altri programmi generati localmente ed in collegamento con Zagabria diffondeva il giornale radio della repubblica di Croazia; gradualmente, però, le sue trasmissioni in italiano si sono sempre più ridotte.
Radio Venezia Giulia, stazione ufficialmente clandestina, ma segretamente ed indirettamente sostenuta dal Governo italiano e diretta con entusiasmo da un letterato istriano per far giungere ai connazionali dell’Istria, del Carnaro e della Dalmazia, che si trovavano sotto il giogo titino, una voce di speranza, di conforto e anche di puntuale ed aperta denuncia dei misfatti compiuti a loro danno dalle autorità jugoslave, esternazioni che in quel delicato periodo di estrema debolezza internazionale dell’Italia non potevano, ovviamente, essere affidate alle neutrali trasmissioni ufficiali della RAI. L’emittente, installata a Venezia, entrò in funzione il 3 dicembre 1945 con un trasmettitore di 5 kW e cessò il servizio il 1° luglio 1949.
La Trasmissione per la Venezia Giulia della RAI, cui era stata affidata un’attività simile a quella della stazione precedente, ma di tono assai più blando e di contenuto e di durata molto minori, incominciò il 4 novembre1946, redatta a Roma presso la direzione del giornale radio ed irradiata dal trasmettitore Bari I, con un breve notiziario e con il titolo “Per gli italiani della Venezia Giulia”, mutato il 22 gennaio 1947 in “Notiziario per gli italiani della Venezia Giulia” e l’11 luglio dello stesso anno in Trasmissione per gli italiani della Venezia Giulia, perché al notiziario veniva aggiunto anche un programma artistico, e la sua messa in onda da Bari I si concluse il 23 agosto 1947. La trasmissione riprese due giorni dopo, diffusa dal trasmettitore Venezia I della potenza di 20 kW, nuovamente col titolo “Notiziario per gli italiani della Venezia Giulia”, mutato il 3 giugno 1951 in “Trasmissione per la Venezia Giulia”, quando la sua messa in onda fu affidata al nuovo trasmettitore Venezia III della potenza di 5 kW (denominato il 30 dicembre 1951 Venezia 3), ed infine il 2 maggio 1954 nell’attuale L’Ora della Venezia Giulia.Il 9 aprile 1950 al programma venne aggiunta una rivistina satirica domenicale, allestita dalla sede RAI di Venezia, dal 15 marzo 1953 dal centro di produzione RAI di Roma e dal 7 gennaio 1962 dalla sede RAI di Trieste, cui dal 1° ottobre di quell’anno fu infine affidata anche la redazione dei notiziari e delle altre rubriche parlate, cosicché da allora Radio Trieste genera tutta la trasmissione in parola.
Radio Koper(Radio Capodistria), nell’ex Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste, dove aveva sede il Governo Militare Jugoslavo di occupazione, istituita da quest’ultimo, quale antagonista di Radio Trieste, controllata dal Governo Militare Alleato, venne inaugurata il 24 maggio 1949 con la potenza di 700 W, passata a 6 kW nel 1951, a 20 kW nel 1965 ed a 100 kW nel 1972, ed inizialmente trasmise alternativamente in italiano, in sloveno ed in croato (in quest’ultima lingua le trasmissioni furono abolite nel 1955);per consentire le emissioni contemporanee nelle due prime lingue, dal 25 maggio 1979 a ciascuna di esse fu assegnato un impianto trasmittente distinto(quello per il programma in italiano della potenza di ben 300 kW e quello per il programma sloveno della potenza di 20 kW). L’atteggiamento politico delle trasmissioni della stazione jugoslava, facente parte della Radiotelevisione Slovena, si dimostrò subito particolarmente aggressivo nei confronti dell’Italia, riportando le vicende che la riguardavano in maniera faziosa, scorretta ed ostile ed esaltando le cosiddette conquiste sociali della Jugoslavia e l’asserita fratellanza degli sloveni e dei croati con gli italiani colà residenti, fratellanza che, com’è noto, costrinse all’esodo la quasi totalità dei connazionali dell’Istria, del Carnaro e della Dalmazia.Successivamente, migliorati i rapporti italo-ugoslavi, il tono delle trasmissionì di Radio Capodistria si andò attenuando gradualmente.
Radio Pula(Radio Pola), nell’ex capoluogo istriano, dipendente dalla Radio Elevisione Croata, inaugurata il 31 dicembre 1960 con una potenza di 2 kW, ma poi limitata a trasmettere soltanto in modulazione di frequenza, incominciò a diffondere soltanto in croato programmi locali, oltre a quelli repubblicani (ora nazionali) di Zagabria; dal 1968 essa mise pure in onda un programma di mezz’ora al giorno in italiano.
Radio Zadar( (Radio Zara), nell’ex capoluogo dalmato, dipendente dalla Radiotelevisione Croata, attivata il 23 ottobre 1968 con una piccola potenza, aumentata a 2 kW poco dopo, dal 1983 con diffusione estesa anche alla modulazione di frequenza, ma con la guerra con la Serbia limitata a quest’ultimo sistema, essendo stato distrutto il suo trasmettitore ad onde medie. L’emittente trasmette dall’inizio soltanto in lingua croata rubriche locali, oltre ai collegamenti con la rete già repubblicana ed ora nazionale di Zagabria.

martedì 7 ottobre 2008

Gli uomini...particolari e immaginabili


Sembra così strano..eppure è tutto vero..sono delle creauture umane. Muovendosi lentamente nei loro habitat fanno riscoprire alla donna un'intenso piacere..quello di essere desiderata da parte di noi donne, il desiderio, arte antica che lega uomo e donna.
Perchè particolari ed immaginabili? L'uomo è cacciatore ma allo stesso tempo la donna è Volpe,adesso tutti si chiederanno perchè questo paragone? Nell'evoluzione della storia, e con il trascorrere dei secoli abbiamo purtroppo imparato che la donna è l'essere piu' fragile, e che l'uomo appare in tutte le sue forme, sempre il protagonista.L'eroe principale. Oggi nel 2008 il concetto è tre volte maturato, grazie a delle tecniche sia psicoanalitiche che sociali, e come dico sempre io, le più forti siam noi, la donna è avanti mentalemente piu' dell'uomo..Quindi da oggi non ricercate figure particolari, vari esemplari di queste specie umane sono rimaste in Italia ben poco.In FVG penso siano estinte ormai da secoli...nella profonda e irradicata terra del nord Africa italiano la situazione è esplosiva...tutti sono alla ricerca della stimolazione, affetto e ogni tanto, spesso volentieri, perchè no un viaggio oltre le lenzuole matrimoniali aldilà dei confini di case con donzette dai facili saperi!
Dopo di questo, vorrei Ringranziare il mio carissimo amico amico qui in foto (Gigi)per essersi fatto fotografare e pubblicizzare per me. Lui è un saggio, di uomini come lui, si possono senz'altro che sognare.

sabato 21 giugno 2008

DONNE IN PRIMA LINEA





Una bugia che si incrina
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Si tratta del rapporto delle Forze Armate britanniche del Maggio 2002 presentato a conclusione di un ciclo di esperimenti e simulazioni fatte per valutare la possibilità di schierare le donne in servizio in ruoli di combattimento (qui il termine "close combat" viene tradotto "combattimento ravvicinato" - non si tratta tuttavia evidentemente di combattimento "corpo a corpo" ma di "combattimento" in senso lato).
Con questo rapporto è definitivamente tramontata nelle Forze Armate un'epoca - durata un paio di decenni - in cui sembrava che l'inclusione delle donne in tutti i ruoli (in modo indistinto con gli uomini) potesse essere solo una questione di abitudine culturale e quindi di tempo.
Il rapporto ha dovuto quindi introdurre - per confermare il bando antifemminile ai ruoli di combattimento - l'esito di esami e valutazioni dettagliate, che portano a conclusioni tanto ovvie quanto finalmente chiare ed inconfutabili.
Essi interessano dinamiche di interrelazione tra i generi i cui esiti scientifici hanno un impatto assai più ampio di quello - qui considerato - relativo alla sola vita militare.
Per quanto "cauto" nella forma (rispettosa della correttezza politica in auge) il documento dice per la prima volta senza mezzi termini che l'efficacia operativa (e dunque la sicurezza della nazione) non può essere compromessa per considerazioni ideologiche pro-feminist.
Da quanto mi risulta, anche l'amministrazione Bush sta (pur se in modo meno esplicito e "scientificamente" supportato da studi) facendo marcia indietro in merito all'impiego delle donne nelle FFAA in modo promiscuo con gli uomini (non solo il famigerato co-ed-training).
L. R.
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LE DONNE NELLE FORZE ARMATE

INTRODUZIONE

1. Nel 1997, l'allora Ministro della Difesa annunciò che era in procinto di estendere le possibilità d'impiego per le donne all'interno delle Forze Armate in linea con il loro più ampio impegno di massimizzare le opportunità di carriera per le donne.
Di conseguenza dal 1998 le donne hanno potuto servire nel 73% dei posti in Marina, il 70% dei posti nell'Esercito e nel 96% dei posti nella RAF, ed esse ora costituiscono più dell'8% delle Forze Armate.
Le donne hanno continuato ad essere escluse soltanto dai ruoli di combattimento sul terreno, dai sommergibili e da alcuni ruoli subacquei. È stato deciso che le rimanenti restrizioni avrebbero dovuto essere riconsiderate in un tempo di circa due - tre anni.
2. Per facilitare quella riconsiderazione, è stato deciso che il MOD avrebbe dovuto effettuare un dettagliato studio delle prestazioni e dell'idoneità delle donne in ruoli di combattimento ravvicinato.
Questo ora è stata completato ed il rapporto intitolato Le Donne nelle Forze Armate reso pubblico.
3. Considerando i risultati dello studio, il Ministro della Difesa ha annunciato il 22 maggio 2002 che il processo per la rimozione delle attuali limitazioni per le donne nei ruoli di combattimento ravvicinato non veniva attuato. Il presente documento precisa i presupposti ed i ragionamenti per quella decisione.

RUOLO STORICO DELLE DONNE NELLE FORZE ARMATE DEL REGNO UNITO.
4. Le donne hanno svolto un ruolo vitale nelle Forze Armate per molti anni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, le donne sono state impiegate in un'ampia varietà di ruoli, compresi molti che le esposero a pericolo estremo. Dopo la guerra, fu riconosciuto che le donne continuavano ad avere un ruolo importante da giocare all'interno delle Forze Armate e sono stati stabiliti permanentemente i Servizi Femminili. L'inizio degli anni '90, tuttavia, ha visto i cambiamenti più drammatici in tempo di pace nei loro impieghi, con donne che servivano sulle navi di superficie, come equipaggio di aerei per la prima volta, ed in una gamma di impieghi molto più grande nell'Esercito. I ruoli delle donne inoltre sono stati completamente integrati ed i Servizi Femminili separati nell'Esercito ed in Marina sono stati aboliti (il WRAF non è mai stato un servizio separato, anche se l'uso del termine è stato interrotto).

LE DONNE NELLE FORZE ARMATE DI OGGI
5. Questi cambiamenti hanno fatto un ulteriore passo avanti nel 1998, e le donne oggi possono trovarsi in prima fila nelle adunate sulle navi, come piloti di velivoli da combattimento, ed in una varietà di ruoli nell'Esercito compresi i ruoli di supporto al combattimento nell'Artiglieria e nel Genio. Oggi svolgono molte mansioni che sono state un tempo considerate come appropriate solo per gli uomini ed hanno fatto ciò con grande successo. In tal modo, le donne danno un contributo assolutamente essenziale alle abilità, agli atteggiamenti ed all'efficacia delle nostre forze. Noi siamo impegnati ad assicurare che più e più donne approfittino dell'ampia gamma di carriere militari aperte a loro.
Le donne non possono servire sui sommergibili o come sminatrici subacquee per motivi medici. Queste restrizioni furono argomento di una separata revisione e non sono considerate ulteriormente qui.

LA DOTTRINA MILITARE BRITANNICA

6. Le Forze Armate sono mantenute, strutturate ed equipaggiate principalmente per combattere.
Esse esistono per essere in grado di intervenire efficacemente quasi senza preavviso in qualunque tipo di conflitto fino ad una guerra generale. Esse sono addestrate quindi per guerra ad alta intensità, benché adatte ad operazioni a più bassi livelli. È stata l'esperienza negli anni recenti delle Forze Armate Britanniche il fatto che unità schierate per operazioni diverse da quelle di guerra possano anche dover ingaggiare un combattimento diretto senza preavviso. C'è quindi un sempre presente rischio di coinvolgimento in combattimento ad alta intensità.
ESCLUSIONI ATTUALI
7. Le aree principali da cui le donne sono escluse oggi - e che erano ciò di cui si occupa questo riesame - sono quelle che per le quali è richiesto di entrare deliberatamente a contatto ravvicinato ed uccidere il nemico faccia-a-faccia, cioè, i Fanti di Marina, la Cavalleria, i Corpi Corazzati, la Fanteria e il Reggimento dell'Aeronautica. Benché ci siano differenze fra le forze, tutte operano in piccole squadre delle quali la componente base è spesso la squadra "di fuoco" composta da quattro persone, che può dover affrontare il nemico a distanza ravvicinata. Questo ambiente pone esigenze straordinarie nei confronti degli individui e successo o fallimento - e sopravvivenza - dipendono dalla coesione della squadra nelle circostanze estreme rispetto alle quali non ci sono paragoni diretti nella vita civile o persino nella vita militare.

ESPERIENZE IN ALTRI PAESI

8. Nel considerare se cambiare l'attuale posizione, è stato tenuto conto dell'esperienza di altri paesi. Nella storia recente soltanto l'ex Unione Sovietica (nella Seconda Guerra Mondiale) e Israele (guerra del 1948) hanno usato le donne in ruoli di combattimento ravvicinato. Entrambi hanno abbandonato la pratica dopo la conclusione della guerra in questione. Attualmente, alcuni paesi permettono alle donne di applicarsi per servire in tali ruoli, ma non le hanno mai verificate in combattimento. Quei paesi, quali il Regno Unito e gli Stati Uniti, che ottimizzano le loro Forze per guerra ad alta intensità, generalmente non hanno aperto i ruoli di combattimento ravvicinato alle donne, o hanno disposto limitazioni su come possano essere schierate.

LE CONSIDERAZIONI CHIAVE
9. Lo studio Le Donne nelle Forze Armate è stato condotto per avere una migliore comprensione dell'effetto di impiegare le donne nei più esigenti ruoli di combattimento ravvicinato. Esso ha incluso un'indagine della letteratura scientifica disponibile, una revisione degli standard di selezione per le reclute, un'indagine di opinione condotta fra le Forze Armate e le loro famiglie ed i risultati di un esercitazione sul campo per esplorare l'effetto di squadre miste sulla coesione e sulle prestazioni militari. Attenta considerazione è stata data alla disponibile prova dell'effetto di includere donne in unità di prima linea. I dati esistenti e la nuova ricerca sulle prestazioni fisiche comparate di uomini e donne in un contesto militare, le differenze psicologiche che hanno effetto sulle prestazioni nel combattimento ravvicinato, le dinamiche di squadre miste e di quelle di un solo sesso e le questioni legali ed etiche che circondano l'uguaglianza e la diversità nelle Forze Armate, sono stato fra i fattori considerati.
Fattori Fisiologici
10. Le capacità fisiche richieste al personale che serve in ruoli di combattimento ravvicinato sono necessariamente alte. Qualsiasi riduzione degli standard comporterebbe rischi inaccettabili per l'efficacia operativa delle nostre forze e deve quindi essere evitata. I test fisici a cui sono sottoposte le potenziali reclute misurano la loro capacità di effettuare le mansioni che sarà loro richiesto di effettuare dopo addestramento specifico. La difficoltà dei test stabiliti sono giustificate dalle difficoltà dell'impiego.
11. Il rapporto Le Donne nelle Forze Armate ha esaminato le differenze di uomini e donne nelle abilità fisiche che sono rilevanti per le prestazioni militari ed ha osservato, non sorprendentemente, che differiscono in modo significativo. Le differenze fra donne ed uomini nella loro capacità di sviluppare forza muscolare e la forma fisica aerobica sono tali che solo circa l'1% delle donne possono eguagliare le prestazioni dell'uomo medio. Nel sollevare, trasportare e simili mansioni effettuate ordinariamente dall'esercito britannico, questo significa che, in media, le donne hanno capacità di lavoro più basse degli uomini e, quando esposte alla stessa quota di lavoro fisico degli uomini, devono lavorare più duro di un 50-80% per realizzare gli stessi risultati. Ciò le mette a maggior rischio di ferite. Nella marcia con carichi, un'altra fondamentale mansione militare, ed in tutte le altre mansioni simulate di combattimento, è stato riscontrato che le donne hanno prestazioni peggiori degli uomini e più grande il carico, più grande la discrepanza. Lo studio ha concluso che circa lo 0.1% dei candidati femminili e l'1% delle donne soldato addestrate raggiungerebbero gli standard richiesti per rispondere alle esigenze di questi ruoli.
Fattori Psicologici
12. Il rapporto ha trovato che poche delle differenze psicologiche fra uomini e donne potrebbero dirsi avere un significativo rapporto con le loro rispettive idoneità per ruoli di combattimento ravvicinato. La capacità di aggressione, tuttavia, era generalmente più bassa per le donne, che hanno richiesto più provocazione ed erano più probabili temere le conseguenze di un comportamento aggressivo. Vi era prova comunque che questo divario potrebbe essere colmato data una sufficiente libertà sociale e provocazione.
Efficacia di Combattimento
13. Elemento critico per l'efficacia di combattimento è la capacità di un'unità, formazione, nave o sistema d'arma di effettuare la missione assegnata. La fanteria e le unità corazzate operano primariamente in piccole unità così come le squadre d'assalto o gli equipaggi dei singoli carri armati ed il mantenimento della coesione fra i membri della squadra è una componente vitale nel sostenere l'efficacia di combattimento. Vi è una certa evidenza nella letteratura scientifica che l'inclusione di piccoli numeri di donne aumenta la difficoltà di creare il necessario grado di coesione. E' stato trovato che gli atteggiamenti dei membri del gruppo, specialmente gli atteggiamenti positivi e negativi nei confronti del genere sessuale e degli stereotipi sessuali, potrebbero interessare le dinamiche di gruppo e in ultima analisi l'efficacia del gruppo. Il rapporto Le Donne nelle Forze Armate ha osservato che può essere più facile da realizzare e mantenere la coesione in una squadra di un singolo sesso.
14. Un altra prova tuttavia suggerisce che, nelle circostanze normali (cioè le difficili e ardue condizioni operative, diverse dalla guerra ma non di combattimento) e dati adeguati amministrazione e addestramento, la presenza di donne in piccole unità non ha un effetto nocivo sulle prestazioni. Tuttavia, gli studi rivisti non erano basati su situazioni di combattimento e non vi è prova per mostrare se questo rimane vero sottoposti alle condizioni estreme di un combattimento ravvicinato ad alta intensità. La realtà della battaglia è che la squadra di combattimento deve funzionare efficacemente per un periodo prolungato in condizioni caratterizzate da pericolo, confusione, affaticamento e rumore estremi. Non c'è modo di sapere se le squadre miste possano funzionare così bene come le squadre tutte-maschili in un ambiente di combattimento ravvicinato. La prova empirica a questo proposito non può essere ottenuta, poiché non c'è modo di replicare le condizioni di combattimento ravvicinato con alcun mezzo senza mettere a rischio le nostre forze in battaglia.
Posizione Legale
15. La Legge sulla Discriminazione in base al Sesso (1975) permette alle Forze Armate di escludere le donne da quei posti laddove il giudizio dei militari sia che l'impiego di donne insidierebbe e degraderebbe l'efficacia di combattimento. Questa politica è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia Europea nel mese di Ottobre del 1999, che ha stabilito nella causa Sirdar contro i l'Alto Comando dell'Esercito ed il Ministro che la Direttiva per la Parità di Trattamento non preclude l'esclusione delle donne da determinati posti nelle Forze Armate, laddove tali esclusioni siano necessarie ed adatte ad assicurare l'efficacia operativa, ma vi era un impegno di valutare periodicamente le attività interessate in modo da decidere se, alla luce delle evoluzioni sociali, la deroga dallo schema generale della Direttiva può ancora essere mantenuta.

MOTIVI PER LA DECISIONE
16. Il Ministro è convinto che poiché alcune donne saranno certamente in grado di soddisfare lo standard di prestazioni richiesto al personale in ruoli di combattimento ravvicinato, l'evidenza di una capacità fisica delle donne più bassa non dovrebbe, in sé, essere un motivo per mantenere le limitazioni. Né le differenze psicologiche identificate tra uomini e donne, o il divario nella capacità di aggressione, sono costringente prova che le donne avrebbero prestazioni meno buone in combattimento.
17. L'argomento chiave è il potenziale effetto di mischiare i sessi nelle piccole squadre essenziali per il successo in un ambiente di combattimento ravvicinato. La piccola dimensione dell'unità base di combattimento sul campo, accoppiata con l'inesorabile pressione mentale e fisica che si prolunga per giorni o settimane, li pone al di fuori degli altri ruoli militari. Anche piccoli fallimenti in un ambiente di combattimento ravvicinato ad alta intensità possono condurre a perdita di vita o fallimento della squadra nel conseguire i propri obiettivi. Nessuno dei lavori sia che è stato, sia che potrebbe essere fatto può illuminare la domanda chiave dell'effetto di mescolare i sessi nella squadra di combattimento nelle condizioni di combattimento ravvicinato.
18. Data la mancanza di riscontro diretto, sia derivante da esercitazioni condotte sul campo o da esperienze di altri paesi, il Ministro ha concluso che il giudizio dei militari deve costituire la base di qualsiasi decisione. Il punto di vista militare era che sottoposti alle condizioni di una battaglia senza quartiere ad alta intensità, la coesione del gruppo diventa di importanza molto più grande per le prestazioni di squadra e, in un tale ambiente, le conseguenze di un fallimento possono avere conseguenze ampie e gravi. Ammettere le donne, quindi, implicherebbe un rischio senza alcun guadagno in termini di efficacia di combattimento a compensarlo.
19. I suddetti argomenti sono stati considerati rispetto a ciascuna delle unità e dei ruoli in questione - i Fanti di Marina, la Cavalleria e i Corpi Corazzati, la Fanteria ed il Reggimento dell'Aeronautica - per decidere se essi si applicavano ugualmente a tutti loro o meno. Poiché tutti i ruoli necessitano di individui che lavorano insieme in piccole squadre che devono affrontare ed impegnare il nemico a distanza ravvicinata, il Ministro della Difesa ha concluso che il caso della rimozione delle attuale limitazioni per le donne nel prestare servizio in ruoli di combattimento non è stata dimostrata per alcuna delle unità in questione. Prendere il rischio che l'inclusione delle donne nelle squadre di combattimento ravvicinato possa avere un effetto negativo su quelle unità nelle circostanze extra-ordinarie del combattimento ravvicinato ad alta intensità non può essere giustificato.
SVILUPPI FUTURI

20. Il governo si impegna a promuovere l'uguaglianza di opportunità. Il Ministro della Difesa e le Forze Armate continueranno a lavorare a stretto contatto con la Commissione per le Pari Opportunità e a condividere con loro i risultati di ulteriore lavoro per esaminare i più ampli argomenti sollevati da questo studio. Le donne devono avere le opportunità di fare carriera fino ai più alti gradi, e se faranno così devono essere trovati i modi per tenere più donne più a lungo. continueranno ad essere esaminate le modalità con le quali possono essere meglio riconciliate le uniche ed esigenti condizioni della vita militare, compresa l'illimitata responsabilità di schierarsi quasi senza preavviso, con le esigenze di vita familiare. Queste esigenze contrastanti interessano anche gli uomini, ma molto più spesso gravano sproporzionatamente sulle donne. Le forze armate continueranno a sviluppare regimi di addestramento che schiuderanno il potenziale di ciascun individuo tenendo tuttavia in considerazione le differenti capacità fisiologiche degli uomini e delle donne che il rapporto evidenzia. Si cercherà una migliore comprensione dell'effetto sulla coesione di squadra in quei ruoli in cui uomini e donne lavorano insieme. Per concludere, saranno esaminate le condizioni di servizio militare che offrano la più grande flessibilità di impiego ma senza compromettere i livelli generali di efficacia operativa.
Questo documento riflette la politica per il personale in servizio del Ministero della Difesa così come nel Maggio 2002. Qualsiasi richiesta di informazione sulla politica per il personale in servizio qui contenuta deve essere indirizzata a: Direzione per la Politica delle Condizioni del Personale in Servizio (Directorate of Service Personnel Policy Service Conditions).
Ministero della Difesa - Stanza 673 - St. Giles Court - Maggio 2002
1-13 St. Giles High Street - Londra - WC2H 8LD

mercoledì 21 gennaio 2004

Biografia

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Elisa Plet,nata a Trieste il 16/12/77 imprenditrice e commercialista in vari settori del Friuli-Venezia Giulia si propone a raccontare la sua esperienza...per i paesaggi della natura friulana e ci indaca il modo giusto di osservare la natura, sincronizzata con ogni passo del nostro corpo.
Elisa inoltre dice: "Credo, che un paesaggio così oggi come oggi abituati a vivere nello smog...è difficile trovarlo...io viaggio molto per lavoro, e non so se ritenerla una fortuna o sfortuna ma vedo quello che c'è altrove è per il Friuli è sempre il Friuli imparagonabile ad ogni altra cosa al mondo, perchè mi fa sentire a casa, nella mia terra, la terra dove soffia la Bora.